Buongiorno, signor Presidente, colleghe e colleghi deputati, signor Presidente del Consiglio dei ministri, Ministri del Governo. Ho ascoltato e riletto con attenzione il suo intervento programmatico, signor Presidente. Lei ci invita a fare un’opposizione costruttiva e leale e io voglio accogliere questa sua richiesta, anche se mi permetto di sottolineare che non sono certo le forze politiche che la sostengono che possono darci lezioni di stile in quest’Aula. Decido quindi di stare nel merito e, da ecologista, le chiedo come è possibile parlare di cambiamento radicale, come ella ha fatto, e poi nel 2018 dedicare alla questione ambientale scarsi sessanta secondi, otto righe in tutto il suo intervento.
Eppure, Presidente Conte, il tema della riconversione ecologica della società e dell’economia è davvero questione centrale se, oltre a utilizzare in maniera altisonante la parola, si voglia dare cuore e sostanza a questo cambiamento, di cui molto parlate, ma di cui ancora non abbiamo capito la direzione. Per il suo Governo, il tema della sostenibilità ambientale delle misure prese sarà dirimente negli equilibri interni perché una delle forze che lo sostiene ha promesso molto in campagna elettorale e qui, signor Presidente, c’è un Paese che chiede di essere portato nel futuro, un futuro fatto di qualità ambientale, di salute dei cittadini, di salubrità dei territori, di efficienza ed autoproduzione energetica, di economia circolare e di mobilità sostenibile, di turismo ambientale e difesa del capitale naturale, di agricoltura pulita e cibo sano. Il Ministro che lei ha scelto per la questione ambientale ci fa ben sperare, certo, ma naturalmente sono tantissimi i temi, sono temi di economia e produzione industriale, ma per metterli in atto e costruire politiche efficaci occorre innanzitutto cambiare la cultura politica italiana che ancora vede l’ambiente un tema a sé, quasi di contorno, da liquidare in poche righe. Ed invece abbiamo un estremo bisogno di visioni ed azioni innovative, capaci di affrontare il futuro e avviare concreti percorsi di sostenibilità del nostro sviluppo. L’Italia è un Paese del G7 e può e deve svolgere un ruolo importante in questo contesto, anche per contribuire alla concretizzazione dell’Agenda 2030 con i diciassette obiettivi di sviluppo sostenibile, che tutti i Paesi del mondo hanno sottoscritto alle Nazioni Unite nel 2015. Pertanto dobbiamo essere capaci – in particolare deve esserlo la politica – di creare le condizioni per un nuovo modello economico che sia finalmente in grado di dare valore alla ricchezza del capitale naturale, che costituisce la base del nostro benessere e del nostro sviluppo ed è un asset strategico fondamentale per il futuro del nostro Paese. In questo quadro, è indispensabile che finalmente si costruisca anche in Italia un nuovo patto sociale basato sulla sostenibilità e che consideri come inscindibile la dimensione ecologica, quella economica e sociale dello sviluppo. È necessaria quindi una visione di lungo periodo, che abbandoni l’assunzione di un’infinita espansione dei consumi di energia, di materie prime e di trasformazione dei sistemi naturali e che, attraverso la revisione degli obiettivi di impresa, di pubblica amministrazione e di comunità, consideri le nostre città, i nostri territori e il nostro pianeta come casa comune e luogo per realizzare un benessere equo e sostenibile.
Diventa perciò fondamentale, da un lato, ridurre consumi non necessari e agire sui processi produttivi, conducendoli a imitare i processi circolari della natura che, con la tradizionale impostazione economica, sono stati resi di fatto processi lineari, alla fine dei quali si producono scarti, rifiuti e inquinamento che ritroviamo sui nostri territori.
Sia nel settore pubblico che in quello privato si sta cercando di affermare una contabilità nazionale, territoriale e di impresa, capace di considerare pienamente l’impatto delle attività umane sul capitale naturale e di fornire misure più adeguate della performance economica misurata attraverso il PIL, in grado di cogliere anche il benessere delle persone e la dinamica degli ecosistemi. Si tratta di un nuovo modo di guardare alla società e alla produzione, in cui gli interessi delle comunità locali non si contrappongono alle logiche di mercato, finendo per esserne schiacciate, ma invece trovino in una nuova dimensione glocale, una via verso l’equità, la giustizia e la felicità. È anche da qui che passa, Presidente Conte, il benessere dei cittadini che ella dice di voler assicurare. Tutto ciò è in coerenza con gli accordi della comunità internazionale, in particolare per quanto riguarda l’applicazione dell’Agenda 2030 e dell’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici, quella comunità internazionale, a partire dalla nostra casa comune europea, che deve continuare a vederci partecipi in maniera sfidante e costruttiva, attenta e competente.
Nell’ultimo scorcio della passata legislatura, l’Italia ha cercato affannosamente di stare al passo con gli impegni internazionali, mettendo a consultazione le prime bozze della strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile e del Piano nazionale per l’adattamento ai cambiamenti climatici, non corredandole però di un elenco di priorità e di una dotazione di risorse dedicate che li rendesse davvero efficaci. Ora è giunta l’ora, anzi siamo già in forte ritardo e da qui passa il cambiamento. Inoltre, è stata approvata finalmente la nuova Strategia energetica nazionale e anche qui bisogna essere coerenti con quanto è stato proposto e promesso sui territori, a partire dalla TAP, dall’ILVA di Taranto; sono tante le vertenze su cui lei dovrà rendere conto appunto delle promesse e delle aspettative dei territori.
Nella XVII legislatura, Presidente, abbiamo assistito ad alcune innovazioni normative che hanno fatto registrare il consenso di ampie e, alle volte, inedite maggioranze parlamentari: è questo il segreto della questione ambientale, che riesce da essere trasversale, costituendo un passo avanti nella civiltà giuridica del Paese. Basti pensare all’introduzione fortemente voluta dalle associazioni ambientaliste, in primis dalla Legambiente, dal WWF, da Greenpeace e dalla LIPU, dei cosiddetti ecoreati nel codice penale, e alla riforma di ISPRA: di nuovo, Presidente, il suo Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare saprà, credo, dar seguito.
E però sono tanti gli interessi da mettere in discussione e da colpire per portare avanti questo cambiamento che lei dice di voler realizzare: a partire dal colpire, o almeno ridimensionare, i vested interests, gli interessi particolari consolidati dei grandi player energetici, dei concessionari autostradali, del mondo più arretrato nel settore dell’edilizia. Saprà il suo Esecutivo affrontare questo tipo di interessi e, al di là delle parole, sbloccare gli ostacoli al cambiamento? Sul fronte ambientale sono molti gli aspetti entrati prepotentemente nell’agenda politica del Paese, a partire da quelli indotti dai fenomeni estremi causati dai cambiamenti climatici, che tante perdite economiche e di vite hanno provocato e stanno provocando nel nostro Paese. Ancora si stenta a trovare un sistema veramente efficace di integrazione tra le stesse strutture centrali preposte a contrastare la quotidiana emergenza. Ecco, tutto questo io ho trovato che nel suo intervento non ci fosse, ed è invece necessario pensare a questi temi, nel momento in cui si promette cambiamento e si guarda agli interessi del Paese e al benessere dei cittadini