Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, colleghi, i senatori di Liberi e Uguali non daranno la fiducia al suo Governo, nato dopo aver tenuto per novanta giorni il Paese appeso a giravolte, a improvvisi cambiamenti di idee, a una giostra impazzita, a una corsa che ha rischiato, alla fine, anche una grave crisi istituzionale.
Lei, signor Presidente, nel suo discorso ha quasi rivendicato la sua mancanza di autonomia, quindi la sua adesione totale ai soci contraenti del contratto. Ha elencato i punti di quel contratto, senza però dire nulla di chiaro e concreto su come e quando intenda attuarli. Ha cercato di indorare la pillola sugli aspetti più critici, come le politiche sull’immigrazione e la svolta securitaria. Però, guardi che c’è poco da indorare. Quelle politiche – e lo vedremo – sono, a nostro avviso, regressive e pericolose.
Lei ha ripetuto come un mantra: il Governo del cambiamento. In effetti, nel vostro programma vi sono elementi che cambieranno profondamente il Paese, ma non è proprio detto che lo renderanno migliore. Le primi dichiarazioni del Ministro dell’interno sugli immigrati, mentre si continuava a morire in mare e mentre veniva assassinato a Vibo Soumalya,e i suoi attacchi contro le ONG purtroppo confermano che queste minacce sono reali. Guardi, signor Presidente, noi abbiamo contrastato su questo i provvedimenti del ministro Minniti, al quale, peraltro, sono andati ieri i complimenti del suo successore per il buon lavoro già svolto. Tanto più, quindi, ci opporremo oggi.
Altrettanto inquietanti, e lei su questo non ha neanche indorato la pillola, sono le dichiarazioni del Ministro della famiglia Fontana: omofobe, regressive, fino addirittura a minacciare la legge n. 194 del 1978. Ma non vi servirà il giochetto delle dichiarazioni personali, perché chi esprime quei pareri, degni dell’integralismo più oscurantista, non è un privato cittadino ma il Ministro che in fondo di queste materie dovrebbe occuparsi.
Del resto, anche senza contare i pareri personali, il programma è infarcito di provvedimenti securitari e giustizialisti e, vorrei anche dire, discriminatori. In alcuni casi, come quello vergognoso della discriminazione contro i bambini figli di immigrati, come definirli se non apertamente razzisti?
Sono norme demagogiche, pensate forse per alimentare una sorta di campagna elettorale permanente. È demagogia facile, ma non è a costo zero. Il costo verrà pagato con la sofferenza di molti esseri umani e una regressione nel campo delle libertà e dei diritti civili.
Contro queste proposte, se andranno avanti, e contro la cultura tribale e medievale che le ispira noi faremo un’opposizione durissima sia in Parlamento, che fuori. Ripeto, le contrasteremo con ogni mezzo. E se proverete a toccare la legge 22 maggio 1978, n. 194 e a tornare indietro su norme di civiltà come quelle sulle unioni civili, l’opinione pubblica – sappiatelo – non vi seguirà. Sono certa che in questa battaglia incontreremo anche molti elettori del MoVimento 5 Stelle.
Come si conciliano, infatti, le posizioni del ministro Salvini con la proposta del MoVimento 5 Stelle della scorsa legislatura per l’abrogazione del reato di immigrazione, per altro approvata? Cosa tiene insieme le scelte delle sindache Appendino e Raggi sul riconoscimento della genitorialità per le coppie gay con l’oscurantismo del ministro Fontana? O la linea che il MoVimento 5 Stelle ha sempre avuto in materia di missioni all’estero e interventi militari con la nomina a Ministro della difesa della presidente di un consorzio che pare si occupasse di reclutare i contractor? La verità è che la cultura di questo Governo, la sua cifra e la sua ispirazione profonda sono quelle della Lega. Il MoVimento 5 Stelle – me ne dispiaccio molto – ha accettato di sottostare a una cultura politica regressiva.
Voglio anche dire un’altra cosa, signor Presidente. Purtroppo, contro questo pericolo di lesioni nel campo dei diritti non abbiamo sentito voci indignate levarsi in Europa. Tutto, come sempre, si è appuntato solo in difesa del rigore in campo economico. Noi consideriamo le politiche europee dell’austerity, del fiscal compact e del rigore, nonché la regola del 3 per cento, definita dallo stesso Prodi stupida, sbagliate, controproducenti per la ripresa economica e sciagurate per gli effetti devastanti che hanno avuto sulla vita di milioni di persone e anche per la sopravvivenza dell’Unione europea. Infatti, a causa di queste politiche sono state minate alla base la fiducia dei cittadini e la credibilità stessa dell’Unione europea. Signor Presidente, lei ha parlato di un’Europa più giusta e unita. Spero vivamente che non alluda a quella di Orbán, citato appena ieri dal Vice Presidente del suo Governo.
Se questo Governo varerà misure che forzano le gabbie del rigore per avviare una serie di investimenti pubblici produttivi e di misure sociali, noi ci confronteremo nel merito e incalzeremo il Governo affinché siano reali ed efficaci e spingeremo su questa strada. Il superamento della cosiddetta riforma Fornero, su cui lei oggi non si è intrattenuto molto, e l’introduzione di un vero reddito di cittadinanza sono urgenze che anche noi condividiamo. Al contrario, se i tentativi di allentare il rigore devono servire solo a finanziare misure ingiuste e dannose come la flat tax, noi non siamo e non saremo d’accordo e le contrasteremo, così come abbiamo fatto con le scelte del Governo Renzi di sprecare la flessibilità concessa dall’Unione europea per bonus e provvedimenti demagogici. Le maglie del rigore vanno assolutamente allentate, ricontrattate e rinegoziate per avviare politiche di sviluppo capaci di creare posti di lavoro e reddito tali da rimettere in moto un’economia al palo.
Bisogna mettere in opera subito politiche innovative che affrontino la grande questione dei cambiamenti climatici, i nodi dell’automazione, la transizione energetica e un piano di rinascita del Sud. Occorrono politiche coraggiose di riconversione ecologica, un grande piano verde per il risanamento e la messa in sicurezza del territorio, nonché per la mobilità sostenibile, basato su piccole e medie opere e finanziato con investimenti pubblici non computabili nella definizione del rapporto tra deficit e PIL. Non c’è invece alcun bisogno di inutili e dannose grandi opere. Tuttavia, dal momento che su questo punto il contratto è un capolavoro di ambiguità, vedremo anche su questo se il MoVimento 5 Stelle cederà alla Lega.
Arriviamo ora al cambiamento, così ripetutamente da lei evocato. Il cambiamento di cui l’Italia ha necessità riguarda due questioni fondamentali, che lei stesso ha sottolineato, purtroppo senza però andare molto oltre: il lavoro e le diseguaglianze sociali. Signor Presidente, nel vostro contratto non c’è nulla, nonostante le promesse della campagna elettorale sull’abolizione del jobs act, che ha aumentato il precariato e l’insicurezza permanente e privato di diritti milioni di lavoratori, inclusa un’intera generazione di giovani.
Per loro non ci sarà cambiamento se non si riconnettono insieme, strettamente, diritti e dignità del lavoro. Resteranno altrimenti precari, sottopagati, privi di diritti. E non basta un facile cinguettio propagandistico su Twitter per colmare il vuoto che c’è nel programma in materia di lavoro, per dire che non avete avuto il coraggio di dire nulla sull’articolo 18.
Per quanto riguarda le diseguaglianze e un’ingiustizia sociale che ha raggiunto proporzioni macroscopiche, la vostra flat tax peggiorerà la situazione, rendendo più ricco chi è già ricco, una sorta redistribuzione al contrario, dal basso verso l’alto. Per finanziare questo regalo pensate magari a una grande sanatoria fiscale. Ma questa strada, lo sapete, non è conciliabile con un adeguato sistema di welfare, di sanità pubblica e di garanzia di risorse adeguate per la scuola pubblica. Il rischio quindi è che, al contrario di quel che lei promette, si tolga a chi non ha per dare qualcosa in più a chi ha già tutto.
Nessuno più di noi è convinto dell’urgenza di un cambiamento radicale. Nessuno più di noi sa quanto sia urgente combattere le diseguaglianze e restituire ai giovani vero lavoro e un futuro. Nessuno sa come noi quanto necessario sia costruire un Paese più giusto da tutti i punti di vista.
Per fare questo, per costruire l’alternativa ripartiremo dall’opposizione, ma la Sinistra deve avere il coraggio – e noi ce lo assumiamo – di non rimuovere le ragioni di una sconfitta così profonda. Solo così potremo ritrovare quella connessione che è andata perduta con i giovani, con i lavoratori, con i più deboli.
Cambiare si deve. Cambiare si può. Ma troppe cose, nel suo discorso e nel vostro programma, ci fanno temere fortemente di trovarci invece di fronte alla più antica e inveterata abitudine dei gruppi di potere vecchi e nuovi in Italia: cambiare tutto per non cambiare nulla.
Per questo non crediamo al vostro Governo del cambiamento, per questo Liberi e Uguali non potrà che negarvi la fiducia.