1. La 107 e i suoi decreti attuativi non sono la scuola che vogliamo e per questo vanno abrogati insieme a molti altri provvedimenti precedenti

In molti interventi è stato sottolineato come la legge 107 sia stata l’ultimo rovinoso atto di un percorso di pessime riforme condotte da governi di centrodestra e centrosinistra che avevano come principale obiettivo quello di sottrarre risorse alla scuola pubblica italiana.

L’idea di fondo è stata quella che sul sistema dell’istruzione si può e si debba risparmiare. Basti ricordare i tagli di Moratti, la riduzione dei posti operata da Gelmini, 86.000 per i docenti, 49.000 per il personale non docente, (posti persi per sempre) e, infine, la continua riduzione della spesa, anche negli ultimi anni, in perfetta linea con le scelte operate precedentemente.

  1. Serve investire nel sistema dell’istruzione

L’Italia, tra i Paesi europei, è la terz’ultima per spesa nel comparto del sapere (il 4% del Pil, un punto in meno della media europea). Tra le ultime in Europa per numero di laureati e diplomati. E’ necessario invertire la tendenza e uniformarsi alle più avanzate esperienze europee quanto a finanziamenti in istruzione e università.

L’Italia ha ancora un’alta percentuale di dispersione scolastica (il 14%) rispetto agli altri Paesi europei e difficilmente potrà raggiungere nel 2020 l’obiettivo del 10% di dispersione, proposto da “La strategia di Lisbona” a tutti i Paesi europei. Dispersione che ha un alto costo sociale. Perché se l’istruzione costa, l’ignoranza costa molto di più. E la lotta alla dispersione scolastica sarà, come è stato ribadito anche in sede di discussione, un punto decisivo del nostro programma.

In primo luogo serve un piano straordinario nazionale per l’edilizia scolastica: nuove scuole e messa in sicurezza degli edifici esistenti.

In secondo luogo è necessario intervenire sui costi per attuare un reale diritto allo studio: la scuola costa troppo alle famiglie, e non tutte possono permetterselo. E’ dunque fondamentale tornare alla Costituzione che già prevede che: “l’istruzione è obbligatoria e gratuita per almeno otto anni”.

Dal dibattito inoltre sono emerse le seguenti proposte:

– la gratuità degli studi per l’intero percorso educativo secondo una necessaria riforma dei cicli ed estendendo l’obbligo scolastico almeno dall’ultimo anno della scuola dell’infanzia fino all’ultimo anno della secondaria di secondo grado.

  • la generalizzazione della scuola dell’infanzia, che tocchi il 100% dei piccoli aventi diritto con l’obiettivo di farla entrare a pieno titolo nell’obbligo scolastico prevedendo anche che i nidi non siano servizi a domanda individuale ma che entrino a pieno titolo nel percorso di istruzione.
  • L’aumento e la riqualificazione del tempo scuola, tempo pieno e tempo prolungato, e delle compresenzecon il conseguente aumento dell’organico necessario per garantirli
  • l’abolizione dei contributi chiesti alle famiglie – di fatto non più volontari
  • una legge per il diritto allo studio che garantisca e uniformi il sistema in tutta Italia

L’investimento nell’istruzione, nel diritto allo studio non è assistenza, (da praticare, peraltro, quando e se ci sono i fondi) ma è elemento fondamentale di un nuovo welfare avanzato e democratico, come avviene nel resto dell’Europa.

  1. Una scuola che promuove, una scuola inclusiva

Vogliamo una scuola per tutte e tutti: che accolga, che includa e che promuova, fuori dalle logiche di mercato, proiettata alla formazione di donne e uomini liberi.

Una scuola che garantisca il diritto all’uguaglianza.

La scuola dell’art. 3 della Costituzione, come proposto anche nella LIP che può rappresentare una base di discussione sulla scuola pubblica.

Occorre costruire insieme una proposta di cambiamento che ripensi dalle fondamenta il modello attuale, che rischia di produrre danni negli spazi di democrazia, nella funzione sociale e culturale della scuola.

Un progetto che, al contrario, lavori a rimettere assieme i tasselli di un progetto culturale che si apra al mondo, che guardi al futuro, che proponga valori, che si ponga il problema dell’incontro e della convivenza tra diversità e differenze. Una scuola che abbia voglia di essere tempo e spazio di vita per quelli che ogni giorno la abitano nella quale possano trovare ascolto e attenzione difficoltà e fragilità. Per restituire ad ognuna e ognuno il diritto e la libertà di costruire il proprio presente e il proprio futuro.

  1. Le e gli insegnanti

Le e gli insegnanti sono intellettuali e ricercatori ed è stata sottolineata la necessità di riconoscere la dignità e il valore della loro funzione. Lo stesso presidente Grasso, intervenuto al dibattito, ha sottolineato come le e gli insegnanti ”eroi del nostro tempo” svolgano un lavoro difficile, in condizioni spesso disagiate.

In primo luogo è prioritaria la stabilizzazione di tutto il precariato della scuola attraverso un piano pluriennale. Occorre, inoltre, dare una risposta a coloro che, vittime di un algoritmo impazzito, hanno subito una mobilità inutile e dannosa.

Serve dunque tornare a parlare del grande valore della professione di chi opera nella scuola di tutti e per tutti, anche per eliminare il luogo comune del lavoro “facile” da pagare poco, e rivendicare un adeguamento degli stipendi dei docenti e di quelli del personale Ata, tra i più bassi in Europa, stipendi all’altezza del valore di una funzione fondamentale per la crescita e lo sviluppo del Paese. Occorre ridare parola e dignità a ciascuno. In particolare è stato ribadito, in alcuni interventi, la fondamentale importanza del lavoro dei collaboratori scolastici, spesso sottovalutato e non riconosciuto. E’ necessario investire in una formazione continua e di qualità delle e degli insegnanti.

Per il personale della scuola serve dunque un deciso cambio di passo. Particolare attenzione va posta, inoltre, agli insegnanti di sostegno e alle e agli insegnanti della scuola dell’infanzia, ingiustamente esclusi dall’organico di potenziamento, che, a maggior ragione per il ruolo che svolgono, necessitano di avere continuità didattica, cosa che non è stata affatto garantita in questi anni.

  1. La cultura della scuola

Serve riprendere la riflessione sulla cultura della scuola, su ciò che nei vari gradi dell’istruzione si insegna e si impara.

Serve interrogarsi sui saperi necessari nella società contemporanea, in un mondo che cambia.

Serve capire i cambiamenti dei processi cognitivi, delle modalità di apprendimento, dei comportamenti.

Serve tornare a riflettere di nuovi bisogni educativi, di nuovi modi dell’apprendere.

Serve confrontarsi, di fronte alla sfida della multiculturalità, con altri storie, con altri saperi, e con altre fragilità.

La scuola italiana si è generosamente misurata con nuove modalità di insegnamento e apprendimento, nella cornice di una autonomia non applicata in tutte le sue possibili potenzialità. La questione di cosa si impara a scuola e di come la scuola si debba rapportare con nuovi e antichi bisogni di sapere non può riguardare i soli addetti ai lavori.

Non è stato così nel passato, non può essere così oggi.

  1. L’alternanza scuola-lavoro

L’alternanza scuola lavoro, così come regolamentata dalla legge 107, ha prodotto troppo spesso percorsi squalificati, svilenti o addirittura pericolosi. Sull’alternanza scuola-lavoro, così come è stata proposta e attuata, c’è stata critica unanime. Per questo è emersa l’esigenza di abolire l’obbligatorietà dell’alternanza, contemporaneamente è necessario rivedere completamente progetto e funzione del rapporto tra scuola e mondo del lavoro nell’ottica di uscire da un paradigma produttivista. Occorre al contrario dare agli studenti strumenti per conoscere e comprendere il mondo del lavoro e non subirlo.

Bisogna interrogarsi sul senso che si vuole dare alle esperienze di alternanza nella scuola. La scuola non deve essere subalterna al mondo del lavoro, un mondo del lavoro peraltro povero nella sua cultura di fondo, e invece deve essere in grado di costruire una relazione sana in cui in cui le esperienze svolte siano inerenti al percorso di studi e abbiano garanzie di sicurezza e di qualità formativa.

  1. La governance

Occorre ripristinare l’idea di una comunità educante.

Occorre rivalutare una reale Governance della scuola che, attraverso gli OO.CC, sappia conciliare e integrare il principio della rappresentanza con quello della partecipazione. Molti hanno sottolineato l’importanza di rafforzare i livelli rappresentativi degli studenti e studentesse e dei genitori, rendendoli più efficaci.

Il nostro impegno è quello di continuare ad avere momenti di incontro, che coinvolgano tutti gli attori della vita della scuola stessa, per disegnare struttura e contenuti della scuola che vogliamo. La nostra idea di scuola è incompatibile con la struttura gerarchica e autoritaria imposta dalla legge 107 che, attraverso il meccanismo della chiamata diretta e del bonus premiale, mette in discussione la libertà d’insegnamento e il buon funzionamento della scuola stessa. E’ necessario infatti un governo condiviso tra i vari soggetti della vita della scuola.

8) Un percorso partecipato per tutta un’altra scuola

E’ stato proposto di promuovere la convocazione di incontri regionali e di stati generali della scuola pubblica italiana, coinvolgendo le migliore risorse del Paese, per raccogliere indicazioni e proposte e far decollare una reale riforma della scuola, della sua didattica, della sua funzione pedagogica e missione: una scuola di tutti e per tutti. Si deve partire da un’idea di scuola concreta, i cui intenti etico-sociali debbono riguardare una effettiva formazione culturale e di cittadinanza, elaborata in rapporto allo scenario storico-sociale reale dell’Italia, e con uno sforzo di rinnovamento proveniente da tutte le componenti del nostro Paese: intellettuali, accademici, studiosi, insegnanti, studenti, forze sociali, sindacati, associazioni professionali, imprenditoriali e culturali.

Nel corso del ricco dibattito, attraversato da un unanime richiamo ai principi costituzionali e al valore della laicità della scuola pubblica che deve essere spazio di educazione alle differenze, sono emerse alcune riflessioni, indicazioni e proposte ulteriori e specifiche che riportiamo: l’esigenza di introdurre un biennio unico dentro una necessaria riforma dei cicli scolastici per superare il dualismo persistente tra licei e istituti tecnici e professionali; di abolire i finanziamenti alle scuole paritarie; di vigilare sull’attivazione dei corsi a pagamento dentro le scuole che rappresentano un segno di strisciante privatizzazione; la necessità di affrontare la specifica condizione dei convitti e dei lavoratori che lì operano; quella di valorizzare e mappare le esperienze di innovazione didattica; di potenziare l’insegnamento delle lingue straniere e valorizzare l’insegnamento della cultura classica; la proposta di introdurre un reddito di formazione per le studentesse e gli studenti come evoluzione e completamento delle politiche per il diritto allo studio.

Alla redazione di questo report hanno concorso anche numerosi contributi scritti arrivati da singoli e gruppi che non hanno potuto partecipare direttamente alla discussione.