Diciamo pure la verità, quella del 2018 non verrà ricordata come una campagna elettorale esaltante. Ricordate? Si è cominciato polemizzando per giorni su dei sacchetti di plastica, poi c’è stata Macerata, con la barbara uccisione di Pamela Mastrogiacomo e la tentata strage razzista, le assurde polemiche sulla manifestazione anti-fascista (che è stata bella e pacifica). Infine le polemiche sui rimborsi degli eletti 5 Stelle.

 Non è di queste cose che si preoccupano gli italiani quando discutono la sera a cena in famiglia o sul posto di lavoro, nelle scuole, nelle università, nei bar al mattino prendendo un caffè.
Molti, troppi italiani si chiedono quando troveranno un lavoro pagato dignitosamente, che consenta di pagare un affitto o le rate del mutuo; gli italiani sono preoccupati per la scuola dove con sempre maggior frequenza devono partecipare alle spese per comprare materiale scolastico; madri, padri e nonne e nonni passano il tempo al telefono per capire come mettere assieme il tempo di lavoro e le esigenze dei bambini, come fare a recuperarli a scuola o all’asilo. Ammesso che abbiano ottenuto un posto o abbiano abbastanza soldi per pagare la retta. O come riuscire a passarci delle ore assieme.
Chi è malato si chiede perché quando va a fare delle analisi in un laboratorio convenzionato gli viene spiegato che “se lo fa in convenzione con il Sistema Sanitario Nazionale costa di più” – la causa sono i super-ticket, che favoriscono paradossalmente il privato rispetto al pubblico. O perché tra una Regione e l’altra ci siano differenze clamorose nelle liste di attesa per visite o indagini diagnostiche che possono contribuire a salvare vite. Quelle vite che a causa di maggior povertà e cattiva qualità del Sistema sanitario sono più corte di due anni nel Mezzogiorno. I dati diffusi dall’Osservatorio nazionale sulla salute sono inequivocabili e drammatici. Quei dati ci dicono che in Campania si vive due anni meno che in Trentino. E che chi studia meno, vive anche meno. Il welfare accessibile, insomma, allunga anche la vita e contribuisce a ridurre le disuguaglianze crescenti.

A queste domande non si risponde prendendo in giro gli avversari sui rimborsi spese, non promettendo di rispedire a casa 600mila persone (dopo che per due volte, dal governo, se ne sono regolarizzate centinaia di migliaia) e neppure raccontando favole sull’abbassamento delle tasse. Proprio su questo argomento gli italiani vanno messi in guardia: meno entrate per lo Stato significa aumento dei ticket sanitari, scuole che cadono a pezzi, attese più lunghe per una visita specialistica, posti all’asilo che invece di aumentare diminuiscono.

Noi di Liberi e Uguali abbiamo altre idee: ridurre le diseguaglianze usando la leva fiscale e, soprattutto, rafforzando lo stato sociale rilanciandone il ruolo universalistico. Per noi il rilancio del welfare pubblico, questa invenzione che ha reso l’Europa occidentale nel dopoguerra un modello di sviluppo e di civiltà, è una priorità. Proprio perché risponde alle esigenze dei cittadini.

Per questa ragione abbiamo proposto la fine delle tasse universitarie: tutti paghino l’istruzione superiore, che deve diventare un pilastro del welfare se vogliamo dare alle nuove generazioni gli strumenti per reggere a una competizione che non si basi sull’abbassamento del costo del lavoro.

Per questo proponiamo un piano straordinario per la costruzione di asili. L’Europa a volte indica degli obiettivi positivi, in materia di asili nido la sollecitazione è quella di coprire con posti pubblici almeno un terzo dei bambini tra gli 0 e i 2 anni. Per l’Italia si tratterebbe di circa 160mila nuovi, posti. Questi servizi consentirebbero alle giovani famiglie di gestire meglio i loro tempi, a più donne di partecipare al mercato del lavoro, ai bambini di avere momenti di crescita e socializzazione che, specie nelle grandi città, sono difficili da trovare. E a chi si straccia le vesti perché in Italia non si fanno bambini, ricordiamo sommessamente che i Paesi d’Europa dove il tasso di fertilità è più alto sono gli stessi dove più donne lavorano e i servizi all’infanzia sono migliori.

Quanto alla sanità, le nostre proposte sono semplici: eliminare i super-ticket, assumere personale e investire in tecnologia diagnostica per eliminare le code. L’allarme lanciato dalle organizzazioni di categoria dei medici è lo stesso che abbiamo lanciato anche noi: c’è una generazione che sta per andare in pensione e senza decine di migliaia di assunzioni tutto il sistema sanitario nazionale rischia di collassare. Può darsi che questo sia l’intento del ministro Lorenzin, che non è intervenuta a vigilare sui livelli essenziali di assistenza, e sotto il cui mandato ha visto passare le regioni che non li garantiscono da 2 a 5. Il governo non vigila solo sui costi, ma anche sui livelli essenziali.

Idee come queste sono ispirate dall’idea che un welfare efficiente, di tutti e per tutti sia una base per migliorare la qualità della vita degli italiani. Per troppi anni abbiamo trattato le grandi questioni dei diritti come problemi contabili, abbiamo gestito l’austerità. Noi non proponiamo di ricominciare a spendere come se non ci fosse domani, ma di investire risorse in futuro. Rendere lo Stato sociale uno strumento vivo e moderno, adeguato a esperienze di vita che cambiano. In poche parole, fare in modo che le risorse di tutti noi vengano impiegate al meglio per molti e non per pochi.

Pippo Civati, Nicola Fratoianni, Roberto Speranza