Ripartire dal confronto con le comunità locali è una priorità per l’Italia, e dovrà esserlo per chi la governerà. Solo un attento dialogo con il territorio, infatti, può consentire lo sviluppo di cui il Paese ha bisogno, conciliare pienamente e tenere insieme le ragioni di innovazione, ambiente e lavoro, risolvendone le eventuali contraddizioni e scardinandone le contrapposizioni pretestuose. Un dialogo sano e maturo, di cui dobbiamo re-imparare la prassi, per costruire un Paese in cui stare tutti meglio.

Un terreno che ben si presta a questo tipo di ragionamento è quello delle scelte energetiche, di cui è tristemente simbolica la vicenda della centrale solare termodinamica di Gonnosfanadiga in Sardegna, che non si farà. Un impianto tecnologicamente all’avanguardia definitivamente bocciato qualche giorno fa dal governo, e tenacemente avversato dal territorio. Considerati i modi in cui si è cercato di imporlo, in assenza totale di “débat public”, ognuno ha avuto le proprie ragioni da difendere.

Peccato, però, che siano le rinnovabili, l’innovazione e il lavoro a pagarne lo scotto – con il rischio fondato che la società, italiana, sposti all’estero la propria tecnologia – mentre si approvano gli investimenti alla raffineria Eni di Taranto e la costruzione della centrale Snam di compressione del metano a Sulmona.

Ecco, la Strategia Energetica Nazionale recentemente approvata, seppure in discontinuità con il passato, avrebbe potuto, anzi dovuto, “fare di più” per spingere le rinnovabili e indirizzare il Paese verso la sostenibilità. Chiudere le centrali a carbone entro 2025 e portare le rinnovabili a coprire il 55% dei consumi elettrici entro il 2030 è un buon segnale ma non basta.

Oltre a fissare gli obiettivi occorre fornire ai territori, ai consumatori e alle piccole e medie imprese gli strumenti per realizzarli. E la legislatura che si sta chiudendo non ha approvato nessun provvedimento che aiuti l’autoproduzione da energie pulite e faciliti gli investimenti in questo senso.

Parlare di energia significa parlare di un’idea di sviluppo. Grazie alle tecnologie già disponibili possiamo immaginare un futuro senza fossili: in cui si inquina meno, si contrastano le guerre del petrolio, si favorisce la cultura della pace e non si costringe mezzo continente africano a migrare verso nord per scappare dai mutamenti climatici e dalle guerre.

La decarbonizzazione non è solo l’unica strada possibile per combattere i cambiamenti climatici, ma è anche una grande opportunità di modernizzazione e crescita del paese. C’è un futuro concretamente possibile fatto di case efficienti che autoproducono l’energia e la scambiano e di una mobilità sempre più elettrica e sostenibile. Un futuro in cui creare nuovo lavoro, nei numeri e nei contenuti. E l’Italia ha tutto l’interesse a essere in prima linea nella sfida della sostenibilità, con vantaggio per le imprese e per i cittadini.