Puntuale come l’inverno arriva l’emergenza smog nelle città italiane: Torino, Milano e Napoli sono tra le città europee più inquinate, le polveri sottili (che ormai abbiamo imparato a chiamare Pm10) superano il valore limite per salvaguardare la salute umana, fissato dall’Organizzazione mondiale della sanità, di 20 microgrammi per metro cubo di media all’anno.

Non solo, però. Perché il lavoro di raccolta dati e analisi fatto da Legambiente, che mette a confronto la qualità dell’aria nelle città europee, disegna un Paese incapace di fare dei passi in avanti tanto che la situazione è “critica”. Molto.

È per questo che, il 30 gennaio, quando il nostro Paese si troverà di fronte alla commissione Europea, convocata da Karmenu Vella insieme con altri ministri di nove Stati membri, dovremo tirare fuori una soluzione ed evitare la procedura d’infrazione per l’inquinamento (con relative multe economiche) alla Corte di Giustizia Ue per il mancato rispetto dei limiti di Pm10 e di biossido di azoto, NO2.

Non servono le soluzioni tampone come le domeniche antismog così come non servono le misure limitate nel tempo e nei confini delle amministrazioni comunali: è fondamentale il ruolo delle Regioni nel predisporre piani e misure e nuovi fondi da destinare a progetti innovativi, a partire dal settore della mobilità, se davvero si vogliono rilanciare le città oggi in forte sofferenza e indietro rispetto alle sorelle europee.

Non si può più perdere tempo ed è urgente definire politiche che ridisegnano anche le aree urbane privilegiando la mobilità ciclabile e i mezzi pubblici, riducendo la velocità delle auto in città e aumentando le zone pedonalizzate. Per fronteggiare l’emergenza cronica dello smog, che risente sempre più dei cambiamenti climatici, servono insomma interventi strutturali e azioni ad hoc sia a livello nazionale sia a livello locale e regionale.

Il protocollo antismog, firmato a giugno dal ministro dell’Ambiente, dai presidenti di Emilia-Romagna e Piemonte e dagli assessori all’Ambiente di Lombardia e Veneto, se da una parte ha cercato di uniformare le strategie antinquinamento dei piani regionali e dei provvedimenti d’urgenza, dall’altra parte da solo non basta e non può riguardare solo le Regioni più inquinate del Nord Italia dato che il problema smog riguarda tutte le città d’Italia.

Per questo è importante che venga esteso anche alle altre regioni della Penisola, ma allo stesso tempo è importante che vengano attuati interventi e misure coraggiose con un ripensamento delle città come spazi urbani. Occorre far diventare il tema della qualità dell’aria davvero una priorità, altrimenti continueremo a condannare i cittadini italiani a respirare aria inquinata.

Quello che serve sono idee, progetti, e obiettivi di medio-lungo periodo. Sono necessari interventi strutturali, che sostengano per prima cosa un piano ad hoc a livello nazionale, e anche regionale e locale, ripensando le linee “ortogonali” che disegnano le città e la mobilità, investendo sull’efficienza energetica degli edifici, cercando di fermare il consumo di suolo. E anche rendendo più ambiziosi i traguardi definiti nella “nuova” Strategia energetica nazionale; che a questo punto, mi sembra evidente, non può fare meno di integrare anche passaggi che contemplino un vero risanamento atmosferico del Paese.

La mobilità ha risvolti e necessità nuovi oggi. Penso che dovrebbe viaggiare sempre più su rotaie: quasi 6 milioni di persone prendono treni regionali e metropolitane (sui collegamenti nazionali viaggiano ogni giorno 40 mila persone sugli intercity e 170 mila sull’Alta velocità tra Frecce e Italo); dobbiamo porci come obiettivo i 10 milioni di persone, di pendolari che ogni giorno salgono e scendono da un treno.

Il risultato avrebbe benefici ambientali e produrrebbe nuovi posti di lavoro. Anche perché bisogna pur dar seguito le indicazioni che arrivano da chi poi vive le città: il numero dei passeggeri dei treni regionali è cresciuto al ritmo di 11 mila persone in più, mentre quello dei viaggiatori delle metropolitane (nelle sette città in cui è presente la linea) è aumentato di 22 mila persone al giorno.

Ricordiamocene perché le stime dell’Agenzia ambientale europea ci dicono che l’Italia detiene il primato per morti da inquinamento (quasi 60 mila nel 2015). E che Torino, Milano e Napoli, senza dimenticare Roma (che si piazza settima), sono tra le peggiori città europee, proprio non può vederci fermi, a non far nulla.

Per questo ci vuole coraggio e porre da subito, in linea con altre città europee, il 2030 come limite temporale per mettere al bando le auto diesel nelle città italiane. L’obiettivo è, naturalmente, avere di nuovo un’aria sana, di buona qualità, per difendere la salute dei cittadini e soprattutto dei bambini. Per permetterci a tutti, anche se ci ritroviamo poi tra asfalto e palazzi, di tornare a respirare.

Rossella Muroni