È servita un’inchiesta vecchio stile dei bravi giornalisti di Fanpage per riportare alla luce e all’attenzione nazionale quell’intreccio corrutivo-criminale che continua a fare affari sul traffico illecito dei rifiuti e sulle bonifiche dei territori.

Un intreccio che tanti speravano fosse rimasto nelle pagine buie del passato di quella che era una volta la “Biutiful cauntri”, ma che negli ultimi anni era stata definita da chi la governa come la “Regione più ambientalista d’Italia”. Ahimè, questa inchiesta ci conferma che in Campania non ci sono soltanto le ecoballe da smaltire.

 Pochi mesi fa il governatore De Luca aveva annunciato il piano per il “grande risanamento delle acque” puntando sui depuratori gestiti dalla società regionale in house della Sma. Un anno dopo ecco l’emergenza per lo smaltimento dei fanghi di depurazione. Un vero buco nero.
In Campania sono circa 350mila le tonnellate di fanghi da depurare ogni anno provenienti dagli impianti presenti in regione. Il prezzo medio per lo smaltimento si aggira intorno ai 145 euro a tonnellata, portando quindi il giro d’affari legale a 50 milioni di euro all’anno a carico dei vari enti, da quello regionale a quello locale.
Tonnellate di rifiuti speciali che oggi vengono trasportate in Puglia o in Sicilia vista l’assenza in Campania di discariche e di impianti di trattamento adeguati. Uno scenario questo che stimola gli appetiti illeciti di imprenditori senza scrupoli a danno del territorio e dell’ambiente.

Torniamo ancora più indietro: a maggio del 2016 l’attuale presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca insieme all’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi prometteva di eliminare il problema dello smaltimento delle ecoballe al massimo entro due 2 anni e mezzo. Nel dicembre 2017 solo 1,7 per cento delle ecoballe sono state smaltite, pari circa a 104 mila, nulla rispetto ai milioni di ecoballe che ancora attendono.

E la tanta attesa bonifica nella terra dei fuochi, annunciata dalla politica come il giusto risarcimento per un territorio martoriato e violentato, resta ancora una chimera. Nella Terra dei Fuochi ci sono circa 2000 siti contaminati, e solo lo 0,8% è stato oggetto di attività di bonifica.

Di fronte a questi numeri non mi appassiona la discussione sul metodo e i mezzi usati per l’inchiesta. Mi interessa molto di più ragionare, discutere, aprire un confronto politico serio e concreto su quello che l’inchiesta di Fanpage ha riportato alla luce. Ancora una volta la polemica sterile, le accuse verso i giornalisti, la discussione intorno al ruolo e l’utilizzo dell’agente provocatore sta spostando l’obiettivo.

Quelle immagini, al di là della rilevanza penale che sarà compito della magistratura accertare, ci consegnano una classe dirigente che, non tutta ovviamente, ha messo da parte l’etica politica trasformando gli interessi collettivi in miserabili interessi privati, e scatenando un sistematico saccheggio dei beni comuni. In Campania, come nel resto del paese, non possiamo permettercelo. Non è una questione di colore politico e di campagna elettorale.

Si tratta di lavorare insieme per una Regione e un paese migliore, capace di puntare e valorizzare le tante esperienze positive di quella terra, di coloro che con caparbietà sono rimasti e ci credono, di chi ha deciso di puntare sull’economia circolare e civile. Lo dico ancora una volta: insieme. Per restituire alla Campania il suo antico appellativo di Terra Felix.

Rossella Muroni